In viaggio verso la Grecia

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Eccoci arrivati al 28 Giugno, la scuola materna di mia figlia chiude per le vacanze estive e noi siamo pronti ad andare in vacanza.
Arrivare a fine Giugno è stata dura, lo ammetto. I bambini arrivano sempre stravolti alla fine della scuola, il bisogno di staccare con la routine era necessario e quindi il 30 Giugno, valigie pronte, io e la mia piccola famiglia partiamo alla volta di due isole greche.

Qualcuno già lo sa, io e la mia famiglia amiamo le destinazioni deserte e desolate dove c’è poca gente, ma l’isola che abbiamo scelto quest’anno è veramente deserta. C’è soltanto il nostro “hotel” con 5 stanze e una spiaggia lunga tre chilometri. Per il resto è solo natura, mare, relax, famiglia e buon cibo.
Con questo articolo non vi voglio stare a dire che belle vacanze ho trascorso, ma vi voglio rendere partecipi delle riflessioni fatte durante questo viaggio in cui l’inglese è stato sempre presente.
Bene, partiamo dalla partenza.
Una partenza catastrofica in termini di conoscenza dell’inglese da parte degli italiani….. All’aereoporto di Fiumicino troviamo una fila lunghissima al controllo della sicurezza: il caos totale.

Perché?
Semplice: gli addetti alla sicurezza non riuscivano a farsi capire!
Ho notato subito che avevano serie difficoltà a comunicare con le centinaia di persone straniere che viaggiano all’interno di uno dei più grandi aereoporti d’Europa.

Risultato: una fila lunghissima e un’attesa snervante.

Superato questo primo ostacolo arriviamo al nostro gate e decidiamo di cenare al mc’donalds prima della partenza.
Quindi mi metto in coda e aspetto….aspetto….aspetto.
45 minuti di attesa prima di essere servita nonostante avessi solo 2 persone davanti.

Ma cosa stava succedendo?
Semplice: la signora alla cassa non riusciva a capire ciò che le persone ordinavano in inglese. Impiegava almeno 10 minuti per capire cosa volessero e nel frattempo tornavano indietro tutte le altre ordinazioni perché sbagliate. E chiaramente doveva far ripartire gli ordini sbagliati. Abbiamo rischiato di perdere l’aereo e la nostra cena l’abbiamo mangiata a bordo.

Da direttrice di una scuola di inglese sono rimasta allibita dal livello di conoscenza dell’inglese delle persone che lavorano a Fiumicino.
Ma arriviamo in Grecia…..
Che dire, non abbiamo avuto nessun problema all’aereoporto, né in albergo, né sul traghetto che ci portava a destinazione. Mai. Durante due settimane di vacanze.

Nell’isola in cui abbiamo trascorso le nostre vacanze, il ragazzo che si occupava del piccolo albergo di famiglia comunicava solo in inglese in quanto il target dei suoi clienti è inglese. Io, che chiaramente ho l’orecchio che capta solo errori grammaticali, vi posso dire che sbagliava la terza persona al present simple, a volte il passato con il presente, ma
CAPIVA e SI FACEVA CAPIRE, faceva felici i clienti e non c’era nessun tipo di complaint per il lavoro che faceva, anzi solo complimenti e tanto dispiacere quando siamo andati via perche abbiamo trovato su quest’isola una seconda famiglia.

Il viaggio in Grecia è stato un altro momento di riflessione, non da direttrice di scuola ma da madre-insegnante-direttrice di scuola…..
Attenzione che questa è una bella differenza.
Innanzitutto la scelta di quella particolare isola è anche fatta perché è un’isola in cui ci sono solo inglesi e quindi dò l’opportunità a mia figlia di 4 anni di stare in un contesto internazionale.
In queste due settimane ho messo alla prova Dafne e il suo inglese diverse volte. Lei passa tanto tempo con la nonna che le parla in inglese, non risponde in inglese, ma a volte magicamente dice qualcosa.

MAI DAVANTI A ME. MAI IN MIA PRESENZA!

Come molte famiglie già sanno: è fisiologico che i figli non parlino inglese (o una seconda lingua) con i propri genitori. Io sono la prima a non aver mai detto una parola in inglese a mia madre!
Sapendo questo ho cercato di capire cosa capisse mia figlia. Come?

Vi faccio degli esempi pratici: al ristorante ordinavo per me e per il papà e non per lei.
Be era la prima a dire “mamma, ma non hai ordinato le patatine per me”. Subito dopo ordinavo per lei, ma ero felice del fatto che seguiva tutti i discorsi e soprattutto li capiva.
Sempre al ristorante io chiedevo al cameriere cosa ci fosse da mangiare e poi chiedevo a lei ed il papà cosa volevano. Bè lei mi diceva cosa voleva.
In italiano, ovviamente!

Vi porto questi esempi pratici perché è proprio durante i viaggi che dovete capire quanto sanno i vostri figli.
Innanzitutto non dovete preoccuparvi se non parlano davanti a voi.
E’ NORMALE!!
Piuttosto cercate di farli socializzare con bambini di altre nazionalità e da spettatori cercate di vedere quanto loro riescono a stare e ad interagire in un contesto simile.

Non vi aspettate che dopo due anni di corso andate a Londra e vostro figlio si metta a chiedere, in vostra presenza, informazioni sull’abbonamento per la metro di Londra.
Ed infine vi prego, lo so è difficile, cercate di fare questo sforzo:
non chiedete mai “come si dice……..in inglese”

Il percorso che i vostri figli hanno iniziato qui è un percorso lungo di conoscenza della lingua, non una laurea in traduzione ed interpretariato. I primi anni immagazzinano, ascoltano, e apprendono e dopo 2/3 anni inizieranno a produrre piccole frasi. Piano piano, poco alla volta.
Un po’ come tutti noi abbiamo fatto prima di parlare la nostra lingua madre.
Bisogna solo avere in mente due parole necessarie allo studio della lingua: TEMPO e COSTANZA